I boschi montani di conifere e la loro avifauna

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Nei boschi subalpini di conifere l’Abete rosso è di gran lunga la specie più comune. Se la luce giunge fino al suolo, si sviluppa uno strato di rinnovazione con giovani abeti rossi e specie pioniere di latifoglie, come il Sorbo degli uccellatori, mentre depressioni umide vengono occasionalmente ricoperte da felci. © Pierre Mollet

Nei boschi di conifere d’altitudine delle Alpi, specie con distribuzione principale sudeuropea vivono negli stessi habitat di specie con distribuzione boreale. Dopo secoli di utilizzo, talvolta anche eccessivo, oggi molti boschi subalpini di conifere sono sempre più abbandonati a sé stessi: nel mondo degli uccelli ciò genera soprattutto vincitori, ma anche alcuni perdenti.

I boschi di conifere d’altitudine ricoprono i piani montano superiore e subalpino delle Alpi e sono caratterizzati dalla completa assenza del Faggio comune dallo strato arboreo. Questi popolamenti dominano la superficie boschiva delle Alpi da circa 1500 m fino al limite superiore della vegetazione arborea ma, in luoghi dove il Faggio non riesce a crescere, si trovano regolarmente anche già da circa 1100 m, su piccole superfici anche a quote inferiori.

La specie arborea più comune è di gran lunga l’Abete rosso, seguito dall’Abete bianco. Nelle vallate all’interno delle Alpi, con clima continentale pronunciato (inverni freddi, estati calde e secche), sopra i 1900 m circa queste due specie sono sostituite dal Pino cembro e dal Larice comune. Nelle Alpi meridionali, lungo il limite superiore della vegetazione arborea il Larice forma inoltre estesi popolamenti puri. Su suoli estremamente secchi, dove tutte le altre specie non riescono più a crescere in maniera soddisfacente, anche il Pino mugo forma occasionalmente popolamenti puri. Nei boschi di conifere d’altitudine le uniche specie di latifoglie sono rappresentate dal Sorbo degli uccellatori, dall’Acero di monte e dalla Betulla pubescente. In questi piani altitudinali anche l’Ontano verde è comune e forma popolamenti puri, di regola questi ultimi non vengono tuttavia considerati boschi ma arbusteti.

Soprattutto lungo il limite superiore della vegetazione arborea, molti boschi di conifere d’altitudine hanno una struttura rada e frammentaria, con molta luce fino al suolo e un sottobosco con specie vegetali indicatrici di luminosità. Secoli di utilizzo per la produzione di legname e per il pascolo hanno aperto ancora maggiormente queste foreste già aperte di natura, abbassando inoltre il limite superiore del bosco.

Rinnovazione di Pino cembro al limite superiore della vegetazione arborea. Le nocciolaie trasportano i semi di questi grandi alberi verso la parte superiore del versante, creandovi depositi; i semi che non vengono più ritrovati possono germogliare. In questo modo gli uccelli assicurano una diffusione del Pino cembro lungo il gradiente altitudinale. Queste associazioni di arbusti nani disseminate di alberi e questi pascoli alpini sono ottimi habitat per il Prispolone, il Venturone alpino e la Bigiarella.

© Pierre Mollet

Avifauna diversificata nei boschi di conifere d’altitudine

L’avifauna dei boschi di conifere d’altitudine è in genere meno ricca di specie di quella dei boschi montani misti a quote inferiori. Il numero eccezionalmente alto di specie osservato in singoli studi è da far risalire a strutture forestali particolarmente ricche dovute all’influsso di tempeste e coleotteri xilofagi. La composizione delle specie dei boschi di conifere subalpini è particolarmente interessante sotto diversi aspetti: da un lato, specie con una tipica distribuzione nordico-alpina, come il Picchio tridattilo o la Civetta nana, vivono qui accanto a specie la cui distribuzione principale si trova nell’Europa meridionale, come il Venturone alpino e il Luì bianco; dall’altro, le foreste aperte o semi-aperte al limite superiore del bosco e ai margini di superfici agricole rivestono una grande importanza per specie come il Prispolone o la Bigiarella, che dipendono da aree aperte con singoli alberi.

In Svizzera, ma presumibilmente anche nei Paesi confinanti che presentano un’elevata percentuale di territorio alpino, i boschi di conifere d’altitudine sono uno degli habitat più importanti per la protezione degli uccelli in un contesto europeo. In un confronto a livello internazionale, sono in totale 37 le specie che da noi presentano importanti popolazioni, e per le quali la Svizzera ha quindi una grande responsabilità. Nel nostro Paese sono le specie alpine Spioncello, Sordone, Fringuello alpino e Gracchio alpino ad avere la più alta percentuale di effettivi rispetto a quelli europei, ma in Svizzera vive anche una quota particolarmente importante di svariate specie tipiche dei boschi di conifere subalpini come il Merlo dal collare, il Venturone alpino, la Nocciolaia, la Cincia mora e la Civetta capogrosso.

Sviluppo degli effettivi di Cincia dal ciuffo dal 1999 al 2016 sulla base di dati provenienti dal programma «Monitoraggio uccelli nidificanti diffusi» (MUNiD); all’anno 1999 è stato assegnato il valore 100 dell’Indice. Sopra i 1500 m (curva blu) gli effettivi si sono sviluppati in modo più positivo che sotto i 1500 m (curva rossa).

Cambiamenti nell’utilizzo dei boschi

Per secoli i boschi di conifere d’altitudine sono stati utilizzati in modo più o meno intensivo dalle popolazioni locali. Spesso ciò avveniva sotto forma di sistemi di sfruttamento misti, agricoli e forestali, nei quali i boschi pascolati occupavano aree molto estese. Il legname veniva tuttavia utilizzato su ampie superfici anche a scopo commerciale, cioè venduto in pianura come materia prima, o serviva come combustibile per fondere minerali metalliferi estratti localmente. Verso la fine del 19° secolo, le condizioni di vita delle popolazioni di montagna hanno tuttavia iniziato a cambiare radicalmente, sotto molti aspetti; questi cambiamenti hanno influenzato anche la gestione dei boschi e quindi il loro sviluppo. Il legno ha perso sempre più importanza quale combustibile e materiale da costruzione, sostituito da altri materiali come il carbone e l’acciaio e, in seguito, nei boschi di conifere d’altitudine non ci sono più stati grandi prelievi di legname ad uso commerciale. La conseguente evoluzione, iniziata allora, dura ancora oggi ed è caratterizzata prima di tutto da un forte aumento della provvigione di legname, e quindi anche di soprassuolo vecchio, ma anche da un aumento di legno morto. Inoltre, durante il 20° secolo, in montagna l’agricoltura è stata abbandonata su vaste aree, principalmente suoli poco produttivi, portando a un notevole aumento della superficie boschiva – un’altra evoluzione che continua ancora oggi.

Le conseguenze di questi cambiamenti per l’avifauna dei boschi d’altitudine sono solo parzialmente visibili nei dati avifaunistici. È probabile che l’aumento della provvigione di legname abbia migliorato soprattutto le condizioni di vita dei picchi e quindi anche di altri uccelli che nidificano in cavità. Effettivamente, ad esempio, per i boschi sopra i 1500 m, tra il 1999 e il 2016 l’Indice degli effettivi per la Cincia dal ciuffo è aumentato significativamente, mentre ciò non è stato il caso per i boschi al di sotto di questa quota. D’altro canto, l’aumento della provvigione di legname e la conseguente densificazione dei boschi, come pure il loro «oscuramento», sono considerati un’importante causa del declino nel Gallo cedrone. Si può inoltre presumere che il «rimboschimento» di antiche superfici agricole abbia portato a tendenze positive in specie dei giovani stadi forestali, ma anche a tendenze negative in specie delle aree aperte e semi-aperte. Dati provenienti dal Ticino suggeriscono effettivamente che l’abbandono dello sfruttamento alpestre e i conseguenti cambiamenti della vegetazione potrebbero essere corresponsabili delle tendenze negative degli effettivi di Fagiano di monte.

Per decenni, nei boschi di conifere subalpini non è aumentato solo il soprassuolo vecchio, ma anche il legno morto, portando all’elevata provvigione di legname presente oggi.

© Pierre Mollet

Situazione rallegrante, ma sviluppo futuro incerto

La grande maggioranza delle specie dei boschi di conifere subalpini è ben diffusa e non minacciata. Negli ultimi decenni molte di esse hanno persino ampliato il loro areale di nidificazione o aumentato i loro effettivi. Il modo in cui la situazione evolverà dipende soprattutto dal futuro utilizzo di questi boschi da parte dell’uomo. L’aumento del soprassuolo vecchio e del legno morto continuerà? O una crisi energetica porterà di nuovo a un forte utilizzo o addirittura a uno sfruttamento eccessivo della risorsa legno? E in che modo il riscaldamento climatico influirà sui boschi di conifere subalpini e sulla loro avifauna? Non esistono risposte certe, ma un monitoraggio della situazione, sia dei boschi che dell’avifauna, continuerà anche in futuro a essere uno strumento decisionale di cruciale importanza.

Testo: Pierre Mollet & Gilberto Pasinelli


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